Giorgio Boris Giuliano (Piazza
Armerina, 22 ottobre 1930 – Palermo, 21 luglio 1979) è stato un poliziotto
italiano, ufficiale e investigatore della Polizia, capo della Squadra Mobile di
Palermo, assassinato da Cosa Nostra.
Diresse
le indagini con metodi innovativi e determinazione, facendo parte di una
cerchia di funzionari dello Stato che, a partire dalla fine degli anni
settanta, iniziarono una dura lotta contro Cosa Nostra. Durante gli anni
sessanta, molti processi erano falliti per mancanza di prove.
Fu
ucciso da Leoluca Bagarella, che gli sparò sette colpi di pistola alle spalle.
Biografia
Figlio
di un sottufficiale della Marina militare, passò al suo seguito una parte
dell'infanzia in Libia, ove il padre era di stanza. Più tardi la famiglia
rimpatriò, stabilendosi nel 1941 a Messina, dove Giorgio Boris studiò sino alla
laurea; durante il periodo universitario giocò a pallacanestro in Serie B con
il CUS Messina.
Nel
1962 vinse il concorso come ufficiale di Polizia e al termine del corso di
formazione chiese di essere assegnato a Palermo, dove poco tempo dopo entrò
alla locale Squadra Mobile in cui lavorò sino all'ultimo giorno, dapprima alla
Sezione Omicidi, in seguito come vice-dirigente e infine dal 1976 come
dirigente. Conseguì una specializzazione presso la FBI National Academy, ebbe
meriti speciali e ottenne numerosi riconoscimenti per le sue attività
operative.
Le indagini sulla scomparsa di
De Mauro
Brillante
e determinato investigatore, Giuliano fu nominato capo della Squadra Mobile di
Palermo al posto di Bruno Contrada, suo amico fraterno poi accusato di
collusione con la mafia. Delle molte vicende delle quali si è occupato, quella
intorno alla quale si imperniano tutti gli interrogativi sui motivi della sua
uccisione è certamente la misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Improvvisamente,
infatti, nel 1970 De Mauro scomparve nel nulla, e del caso furono interessati
gli alti comandi palermitani ed i migliori investigatori della Polizia (Boris
Giuliano) e dei Carabinieri (Carlo Alberto Dalla Chiesa). Giuliano interpretò
l'indagine con molta partecipazione, ben deciso a portarla sino in fondo,
incontrando sul suo cammino molti e diversi percorsi, tanti articolati scenari
e numerosi possibili moventi.
De
Mauro aveva avuto un passato alquanto animato e viveva un presente non meno
vivace: saloino in gioventù, aderì alla Xª Flottiglia MAS e restò in ottimi
rapporti col suo comandante, Junio Valerio Borghese; dopo essere stato
giornalista presso la testata dell'Eni, "Il Giorno", si interessò
degli interventi di Enrico Mattei nella politica siciliana (con quella che è
nota come "Operazione Milazzo") e, dopo essere stato assunto al
quotidiano "L'Ora" (si è detto, per interessamento di Mattei) iniziò
un'attività di cronista investigativo sulla mafia, quantunque slegata dalla
linea editoriale e perciò per suo conto. Scomparve dopo aver promesso al
regista Francesco Rosi, che stava realizzando un film sulla vita di Mattei,
notizie importanti. Tali da potergli far guadagnare, aveva detto alla figlia,
una "laurea in giornalismo". Interessandosi all'Operazione Milazzo,
De Mauro aveva sottolineato che l'intervento di Mattei aveva insediato un
governo regionale che, alla prima occasione, con una legge speciale favorì in
modo smaccato i potentissimi esattori Nino ed Ignazio Salvo, considerati vicini
alla mafia che, sempre più certamente, si occupò poi di eliminare lo stesso
Mattei. Forse De Mauro aveva documenti su questo coinvolgimento, quando promise
a Rosi. O forse aveva indagato in altre direzioni, ad esempio sui traffici di
droga o sulle connessioni fra la mafia ed il potere. Dulcis in fundo, De Mauro
era scomparso, con una singolare coincidenza temporale, nel momento in cui il
suo vecchio Comandante Borghese, in onore del quale aveva chiamato una figlia
Junia e col quale comunque era rimasto in contatto, andava allestendo il noto
tentativo di colpo di Stato, il famoso "golpe dei forestali".
Mentre
i Carabinieri si indirizzavano su piste legate al traffico di droga, sul quale
De Mauro poteva effettivamente aver avuto, ma soprattutto "cercato"
informazioni, Giuliano, insieme ai magistrati, approfondì la pista
dell'attentato a Mattei e finì con l'indagare l'ambiguo avvocato Vito Guarrasi,
uno strano individuo che aveva preso parte in un ruolo mai chiarito anche
all'armistizio di Cassibile. Guarrasi, che in vita sua fu indiziato di molte
cose, ma mai nulla più che indiziato, pur non volendolo, diede a Giuliano
ulteriori spunti che l'accorto investigatore avrebbe approfondito in seguito
per altre indagini.
Le ultime indagini
Nel
1979 Giuliano si trovò ad indagare sul ritrovamento di due valigette contenenti
500.000 dollari all'aeroporto di Palermo-Punta Raisi, che si scoprì essere il
pagamento di una partita di eroina sequestrata all'aeroporto J.F. Kennedy di
New York. Contemporaneamente a questa indagine, gli uomini di Giuliano
fermarono due mafiosi, Antonino Marchese e Antonino Gioè, nelle cui tasche
trovarono una bolletta con l'indirizzo di via Pecori Giraldi: nell'appartamento
i poliziotti scovarono armi, quattro chili di eroina e una patente contraffatta
sulla quale era incollata la fotografia di Leoluca Bagarella, cognato del boss
corleonese Salvatore Riina; inoltre in un armadio venne trovata anche un'altra
fotografia che ritraeva insieme numerosi mafiosi vicini al clan dei Corleonesi,
tra cui figurava Lorenzo Nuvoletta, camorrista napoletano affiliato a Cosa
Nostra. Dopo la scoperta nell'appartamento di via Pecori Giraldi, arrivarono
telefonate anonime al centralino della questura di Palermo che minacciavano
Giuliano di morte.
Nello
stesso periodo, Giuliano stava anche indagando su alcuni assegni trovati nelle
tasche del cadavere di Giuseppe Di Cristina, capomafia di Riesi ucciso nel
1978; gli assegni avevano portato ad un libretto al portatore della Cassa di
risparmio con 300 milioni di lire intestati ad un nome di fantasia, che era
stato usato dal banchiere Michele Sindona. Per approfondire queste indagini,
Giuliano si era incontrato con l'avvocato Giorgio Ambrosoli, commissario
liquidatore delle banche di Sindona che venne ucciso pochi giorni dopo il loro
incontro.
L'assassinio
Il 21
luglio 1979, mentre pagava il caffè in una caffetteria di via Di Blasi, a
Palermo, Leoluca Bagarella gli sparò a distanza ravvicinata sette colpi di
pistola alle spalle, uccidendolo.
Probabilmente
dalla maggioranza degli osservatori, è stato posto in relazione l'assassinio
del capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, ucciso a Monreale pochi mesi
dopo, alle indagini che stava svolgendo in ordine all'attentato di cui era
stato vittima Giuliano.
Secondo
molti osservatori, con Giuliano si spense un grande talento investigativo, un
onesto funzionario di polizia che nel suo ruolo fu una grande personalità delle
istituzioni, il cui ricordo, come accade anche per altri suoi colleghi di
analogo destino, non è adeguatamente onorato, ed anzi particolarmente lasciato
all'oblio.
Successore
di Boris Giuliano, come capo della squadra mobile, sarà Giuseppe Impallomeni
(tessera P2 n. 2213), precedentemente allontanato dalla squadra mobile di
Firenze per un giro di tangenti, e inopinatamente, dal 309º posto della
graduatoria dei vicequestori aggiunti, era passato al 13º posto, fatto che gli
consente di prendere il comando della squadra mobile di Palermo. Questore del
capoluogo palermitano diventa Giuseppe Nicolicchia, di cui verrà rinvenuta, tra
le carte di Castiglion Fibocchi, la domanda di affiliazione alla Loggia di
Gelli.
Nel
1995, nel processo per l'omicidio Giuliano, vennero condannati all'ergastolo i
boss mafiosi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Francesco
Madonia, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nenè Geraci e Francesco Spadaro come
mandanti del delitto mentre Leoluca Bagarella venne pure condannato alla stessa
pena come esecutore materiale dell'omicidio.
Onorificenze e memoria
Medaglia d'oro al valor civile
«Valoroso
funzionario di Pubblica Sicurezza, pur consapevole dei pericoli cui andava
incontro operando in un ambiente caratterizzato da intensa criminalità, con
alto senso del dovere e non comuni doti professionali si prodigava
infaticabilmente nella costante e appassionante opera di polizia giudiziaria
che portava all'individuazione e all'arresto di pericolosi delinquenti, spesso
appartenenti ad organizzazioni mafiose anche a livello internazionale.
Assassinato
in un vile e proditorio agguato tesogli da un killer, pagava con la vita il suo
coraggio e la dedizione ai più alti ideali di giustizia.
Palermo,
21 luglio 1979.»
—
Palermo, 13/05/1980.
Al
nome di Giuliano è stato intitolato l'Istituto Professionale per l'Industria e
l'Artigianato "Boris Giuliano" di Piazza Armerina, sua città natale.
Il
fabbricato che oggi ospita alcuni Uffici della Questura di Palermo, in
particolare la Squadra Mobile, è intitolato a Boris Giuliano.
Il figlio Alessandro
Il
figlio Alessandro Giuliano, anch'egli divento
funzionario della Polizia di Stato ed investigatore nel 200,1 ha scoperto e
arrestato il serial killer di Padova, Michele
Profeta. Successivamente ha diretto la squadra
mobile della questura di Venezia, e a partire dal 2009 è
dirigente della squadra mobile presso la questura di Milano.
Rassegna Stampa
Milano,
il figlio di Boris Giuliano promosso Questore, Nuovo
Soldo.it, 23 Marzo 2016
Boris Giuliano sul sito della polizia di
stato, poliziadistato.it.
L'Università
intitola un'aula al commissario Boris Giuliano,
Tempostretto, 19 Dicembre 2015
Boris
Giuliano, il segugio che scoprì la Pizza Connection, La Repubblica.it, 21 Luglio 2009
Una
carriera sfortunata- la Repubblica.it, 30 Luglio 1993
Video
Boris
Giuliano, un commissario a Palermo, Rai Storia
"Boris
Giuliano" con Adriano Giannini
prossimamente su Rai1.